Il Territorio

Alla scoperta di Villaputzu

 

Poco meno di 5 mila abitanti, a cinque minuti d'auto dal mare di Porto Corallo e da quello di Muravera, il paese di Villaputzu è ricco di bei posti da visitare. Come il castello di Quirra, con tanto di leggende d'ordinanza, e il pozzo sacro Is Pirois.

 

 

Il castello di Quirra I suoi imponenti ruderi svettano ancora oggi dalla cima del monte Cudias, dove fu eretto nell'XII secolo per sorvegliare il confine con il giudicato di Gallura. La sua è stata una storia particolarmente travagliata. Occupato dagli aragonesi nel 1324, poi oggetto degli scontri tra il regno di Sardegna e il giudicato di Arborea, nel 1475 entrò fra le proprietà della corona d'Aragona. I ruderi del castello di Quirra sono raggiungibili solo attraverso un sentiero segnalato piuttosto in salita, fuori dall'abitato di Villaputzu. La fatica del cammino, però, è ripagata dalla vista che si gode dalla cima del monte Cudias.


La scala della contessa Fra gli inquilini più celebri del castello ci fu la famiglia dei Carroz, conti di Quirra, che ci abitarono fra il 1349 e il 1475. Narra una leggenda che il conte di Mandas, follemente innamorato della contessina Carroz, fosse intenzionato a sposarla a tutti i costi, anche contro il suo volere. La donna, fingendo, gli promise che avrebbe acconsentito alla sua proposta se fosse riuscito ad andarla a prendere di fronte all'ingresso del castello con una carrozza trainata da quattro cavalli bianchi. Una sfida apparentemente impossibile da vincere, visto che la strada che collegava l'edificio all’altopiano del monte Cardiga era particolarmente stretta e ripida. Talmente tanto da diventar poi noto, ancora oggi, con il nome di Sa scala de sa contissa. Ma non per il conte, che arrivò in cima alla salita con tutto il suo cocchio e portò via con se la contessa Carroz, che morì di crepacuore poco dopo.

Il pozzo sacro Is Pirois Percorrendo in direzione di Tertenia la strada statale 125, fino al km. 88,400, si arriva alle indicazioni per il pozzo sacro Is Pirois, sito archeologico risalente all'età nuragica (1600-535 a.C.). Il manufatto, costruito in omaggio alle divinità dell'acqua, si trova poco distante da un'azienda agricola ed è facilmente individuabile per il nuraghe monotorre che si trova in cima alla cupola che lo ricopre. È alimentato da una sorgente perenne le cui acque sono potabili. Nell'antichità pre-cristiana il pozzo veniva utilizzato come una sorta di 'bocca della verità' per quanti erano sospettati di crimini. All’imputato venivano bagnati gli occhi con l'acqua del pozzo: se diventatava cieco era colpevole, se conservava la vista era innocente.

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